3 minutes of reading

CASE #5 Service Design Multinazionale B2C

Introduzione

Contesto

azienda B2B multinazionale settore chimica conciaria (argentina)

Obiettivo

vendere carbone vegetale

Metodologia

ricerca di mercato

Analisi effettuate

analisi domanda, mercato, concorrenza, target

Strumenti e tecniche

buyer personas, SWOT, excel, google trend, google search, 

Problema

  • Lanciare nuovo prodotto e servizio innovativo
  • Creare un brand per fare un investimento forte

Gestione soluzione

  • Attivazione servizio rebranding
  • Creazione ricerca di mercato
  • Definizione brand identity
  • Analisi rischi e fattibilitĂ  del’idea

Risultato

  • Evidenziato che il servizio non era abbastanza differenziato rispetto all’offerta e la possiiblitĂ  di fallire era alta.

Prosegui la lettura del caso studio

Amet in lectus mauris bibendum ultrices tristique et lacinia. Dui neque neque dictum suspendisse. Sed vel id leo et elit id in turpis. Sagittis semper quam natoque vitae arcu sagittis at est. Vel porttitor orci diam viverra.

Casi studio abilitati ; )

Amet in lectus mauris bibendum ultrices tristique et lacinia. Dui neque neque dictum suspendisse. Sed vel id leo et elit id in turpis. Sagittis semper quam natoque vitae arcu sagittis at est. Vel porttitor orci diam viverra.

Racconto

Call to adventure

Un’acquisizione di 7 aziende deve dare vita ad una nuova business unit. 7 CEO e 9 High level da riunire in una stanza fisica e gestire per la creazione di un visione comune. Personalità toste, abituate a prendere decisioni e responsabilità. Creativi ma tosti.

Mentore

Appena fatta questa presentazione ho pensato. o porto le Lego o sono fregata. questi mi porteranno a giro coi discorsi come fanno i migliori venditori. Mi serve focus, ordine e concentrazione. Ecco il mio super potere, il mattoncino. prendo un brief, mi faccio passare vision e posizionamento, organizzo l’agenda del workshop e mi pongo 3 obiettivi: visione comune, brand e service design.

Prove

1h di ritardo, qualcuno si è alzato alle 5 per arrivare, iniziamo bene. Iniziamo il workshop con i soliti sguardi di chi vede una donna di 34 anni con le lego sul tavolo. mi presente, dico che ho scritto 3 libri, lavoro per multinazionali e insegno all’università e le loro facce cambiano. La solita storia, non mi abituerò mai al giudizio tagliente della società italiana. Ma andiamo avanti.

Questa settimana avevo visto un video di igor sibaldi sulla teoria dei 101 desideri ed ho deciso, improvvisando, di applicarla al Workshop. prima attivitĂ  presentati e scrivi il tuo obiettivo della giornata. un po di giri di tavolo e poi conservate il post it in tasca.

Primo esercizio si vola. sono creativi, aperti, seguono il flusso, viaggiano benissimo e si trova una visione comune di 1h. Miracolo. Ero entusiasta, ogni giorno mi ripeto che devo usare piĂą spesso le lego. Rifacciamo un allineamento sugli obiettivi del workshop per convalidare il raggiungimento del primo.

Andiamo avanti spiego il secondo esercizio ma il pranzo arriva in anticipo, ah! fregata, la digestione blocca i processi creativi. Loro però sono in pieno flow, mi chiedono di mangiare in stanza e di fare 30m di pausa. ottimo, sono responsabili.

Finito il pranzo li vedo abbioccarsi e ho detto o ora o mai più, il mio maestro facilitatore pino de sario usa molto il corpo per riattivare il cervello, così ho messo love me do dei beatles e proprosto uno di quegli esercizi freakettoni con 2 minuti di scrollo del corpo. Funziona, 2 minuti a seguire di pelle attenta, elettrizzata, 1minuto di ascolto del respoiro pe ril focus e ripartiamo con il VP.

L’ora di ritardo vale il mio terzo obiettivo. il mio istinto mi dice di partire prima dal prodotto in quando avevamo già un MVP del brand che secondo le mire analisi aveva già un posizionamento innnovativo da poter appoggiare. ne parlo col responsabile e siamo d’accordo. ⅔ obiettivi sono sufficienti.

Prova centrale

Ripartiamo, sono carichi e dobbiamo fare pservice design. mi dicono che non vogliono piĂą fare la divergenza ma vogliono lavorare subito insieme. io cerco di verificare se la sentono, ma si sentono bravi, avanzati, credono di poterla gestire. Mi fido, proviamo.

Disastro. non solo non hanno fatto la divergenza ma hanno anche smesso di usare le lego. 2 h per fare una sintesi. Li blocco mentre ancora parlano, il tempo non basterĂ  mai, li butto fuori dalla stanza, li obbligo a fare una passeggiata e a prendere aria. errore mio, pago io. Mi prendo tutta la convergenza. 

In 30 minuti facilito la convergenza di 16 persone, scrivo post it clusterizzo e per riprendere fiato gli faccio votare le prioritĂ . Raggiungiamo MVP di prodotto e chiudo il workshop con un occhio che balla.

Return

La prossima volta non mi faccio fregare. 3 ore di viaggio per tornare a casa, tanta emozione per aver provato esercizi nuovi, la riuscita di un workshop non facile, la conferma di un metodo che funziona. Mi emoziono e scende una lacrimuccia di felicitĂ  pensando di voler fare questo lavoro per sempre.

Cosa è andato bene

  • La scelta del tool
  • L’esercizio sull’obiettivo
  • Il riallineamento sulla roadmap del workshop

Cosa è andato male e da migliorare

  • Non rispettare la metodologia
  • Saltare la divergenza ha portato tutto nelle mani della facilitatrice e rischia di fare qualcosa che non rappresenti l’azienda