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CASE #1 Progetto di Website Redesign Multinazionale B2B

Introduzione

Contesto

azienda B2B multinazionale settore chimica conciaria (argentina)

Obiettivo

vendere carbone vegetale

Metodologia

ricerca di mercato

Analisi effettuate

analisi domanda, mercato, concorrenza, target

Strumenti e tecniche

buyer personas, SWOT, excel, google trend, google search, 

Problema

  • Lanciare nuovo prodotto e servizio innovativo
  • Creare un brand per fare un investimento forte

Gestione soluzione

  • Attivazione servizio rebranding
  • Creazione ricerca di mercato
  • Definizione brand identity
  • Analisi rischi e fattibilità del’idea

Risultato

  • Evidenziato che il servizio non era abbastanza differenziato rispetto all’offerta e la possiiblità di fallire era alta.

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Casi studio abilitati ; )

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Dopo le vacanze iniziano i buoni propositi. Abbiamo deciso di creare una rubrica di tutti i case dei nostri workshop che utilizzano le analisi (i dati) e i workshop (la creatività). Questi case rappresentano materiale di ricerca utilizzato dal comitato di ricerca a cui partecipiamo con l’università di Barcellona per capire come i Big data si applicano ai processi di Gamification. Bando alle ciance, pronti col primo case : )

Racconto

Call to adventure

Questa è stata la prima volta di tante cose: la mia prima applicazione del Design Thinking a un’azienda internazionale, la prima volta che ho fatto un workshop in formato digitale (con team sparso), la prima volta che ho applicato la metodologia alla creazione di un sito web e la prima volta che mi è stata data fiducia nell’azienda dove lavoro. Ero emozionata. In più, il cliente si trovava nella mia città e l’obiettivo era stimolante: collegare il tema di sostenibilità all’azienda.

Supernatural aid

Ho fatto il recruiting del team, cercando di capire quali competenze potessero aiutare e cercando di mescolare genere, età ecc. Ho scelto i tool online (molti anni fa non c’erano Miro e le Jamboard, così ho deciso di usare efficacemente Google Slides). È stato il mio primo workshop digitale. Il team sapeva già usare benissimo tutti i tool ed era aperto e curioso verso la metodologia: questo ha reso tutto più veloce ed efficiente. Lo stesso team, senza aver mai fatto un workshop, era così propositivo che gestiva ogni discussione con pacificità. I membri erano creativi e non vedevano l’ora di lavorare. È stato come dare caramelle ai bambini. In particolare, ho scoperto nel PM delle capacità incredibili di storytelling che ignoravo completamente, così gli ho lasciato ampio spazio per la rifinitura degli scenari dopo i nostri esercizi di role play. È stata la scoperta più interessante della giornata e mi ha fatto ribaltare l’opinione che avevo di quella persona.

Challenges and temptation

Abbiamo proceduto con gli esercizi di empatia sul cliente finale con point of view canvas (POV) e scenari. Lì mi sono accorta che ci mancava un elemento: un SEO, un esperto di architettura informativa. Più facevo ricerca e tentavo di definire la strategia per la creazione di un sito web, più mi rendevo conto che gli elementi comunicatori erano due: da una parte il concept grafico con l’unione di colori, forme e testi, dall’altra il menu del sito. Le voci di menu erano i messaggi e i valori da comunicare ai consumatori. Così ho chiesto di far partecipare un SEO ai workshop e sono riuscita a ottenere questa figura per un paio di incontri da 4 ore. Il SEO mi ha aiutata in modo divergente con tutte le analisi sulle keyword, cioè sui bisogni degli utenti. Gli ho dovuto mandare molti documenti riassuntivi, sia per allinearlo sui workshop a cui non aveva partecipato, sia per la modalità online che non ci permetteva contatti dal vivo. Non è stato facile lavorare online: ha allungato un po’ i lavori, ma tenere il team unito, anche se eravamo tra Milano e Pisa, era il mio compito principale.

Abyss and transformation

Siamo arrivati al giorno in cui, finiti gli esercizi di empatia, dovevamo definire design concept e architettura informativa (menu). Avevo paura di uno scontro titanico e storico tra le figure più creative e la figura più logico-razionale, il SEO. Quando mi hanno chiesto di scegliere un SEO, non sapevo bene come fare e mi sono affidata all’istinto. Mi serviva qualcuno che riuscisse a vedere un po’ più in là, che considerasse le keyword come strumenti con cui comunicano gli utenti, che uscisse dal tecnico e avesse una visione umana. Il mio istinto mi ha guidata verso la persona più ironica del team. Mi aveva sempre fatto ridere, viveva in campagna, amava camminare e giocare con suo figlio. Ho scommesso sulla base delle mie sensazioni ed è andata magnificamente: il SEO si è integrato con curiosità nei brainstorming di gruppo sul design e i creativi hanno ascoltato estasiati le sue teorie sull’architettura informativa.

Return

Ho guidato il team verso un brainstorming sulle voci di menu e abbiamo clusterizzato queste voci in più livelli, con la mappa di affinità e il card sorting. Il concept grafico avrebbe seguito quell’idea, dando agli argomenti proporzioni diverse. Hanno disegnato tutti degli schizzi sulle differenti proporzioni e abbiamo usato forbici e scotch per costruire prototipi collaborativi dopo la fase di divergenza. Abbiamo finito con un user testing per convalidare le diverse soluzioni e, dopo una bella pianificazione, un grande lavoro di redirect, di eliminazione di contenuti obsoleti, di content re-design e di grafica pura.

Cosa è andato bene

  • Una competenza molto eterogenea non può che far bene al gruppo
  • I numerosi allineamenti, sebbene creati per la persona che entrava in corsa, hanno aiutato tutti a seguire meglio. Da lì ho inserito questa variabile in ogni workshop, ancora più necessaria quando si parla di workshop digitali

Cosa è andato male e da migliorare

  • Iniziare la prima sessione con 4 persone e aggiungere una persona a metà processo è stato molto rischioso
  • Ho imparato che la scelta del team ha bisogno di un’attentissima pianificazione