Sempre più spesso sentiamo dire che l’analisi dei dati è importante, che dobbiamo tenere sotto controllo il nostro business e se osserviamo il comportamento degli utenti possiamo migliorarlo. Importantissimo è anche innescare un processo che non deve solo portare a un report dove leggo dei dati, ma occorre avere delle “intuizioni” da sfruttare in azioni strategiche.
È tutto corretto, ma non si può pretendere che questa attività sia immediatamente applicabile a tutti imponendo di far acquisire determinate competenze.
La difficoltà per consulenti e formatori in questo ambito è proprio quella di fare in modo che questo approccio ai dati sia il più umano possibile, e quindi accessibile e comprensibile a tutti, per facilitare le persone non esperte, ma comunque in grado di dare un’importante contributo al business grazie alle loro competenze ed esperienze nel settore.
Il processo: formazione e workshop
Negli ultimi due anni, durante consulenze e docenze sulla digital analytics in realtà aziendali sia piccole che grandi, ho adottato sempre più spesso un approccio di design thinking volto a costruire progetti di analisi dati in maniera più intuitiva e vicina alle persone.
Una volta trasferite alcune nozioni basilari come sapere cos’è una dimensione, una metrica, un kpi, una sessione (sai quando scade?), allora si può procedere ad individuare gli elementi che portano alla conversione finale, seguendo il processo di customer journey.
Quindi come si fa?
Ok, serve un consulente, ma consiglio di scegliere una figura che faccia più da facilitatore in modo da mettere le persone in condizione di ragionare e acquisire capacità in breve tempo: a questo proposito, per me è estremamente efficace il learning by doing.
Per facilitare questa parte e rendere le persone più aperte e disponibili al lavoro, consiglio di utilizzare degli strumenti come i canvas.
I canvas aiutano a seguire un metodo, sono degli schemi per rendere comprensibile e visuale il funzionamento o un processo. Molto conosciuto è il business model canvas (per mappare il proprio modello di business) o le empathy map (per abbozzare i profili delle buyer personas) ma ce ne sono molti altri utili anche per la costruzione di un modello basato sui dati.
Ecco alcuni esempi di strumenti canvas per i dati:
Measurement plan – link
Data driven canvas – link
Data canvas – link
Data Ethics Canvas – link
L’implementazione e la data visualization
A questo punto, una volta chiaro il processo, il piano di misurazione, cosa voglio tenere sotto controllo, quali dati sia “interni” che “esterni”, occorre implementare il tutto grazie ad un tecnico; quindi di solito non pretendo di far acquisire a “tutti” competenze avanzate su Google Analytics e Google Tag Manager, ma è importante che sia chiaro cosa chiedere nello specifico e fornire indicazioni molto precise a chi dovrà realizzare il data layer (strutture dati da leggere tramite Google Analytics), variabili personalizzate, eventi e obiettivi…
Le dashboard per tutti
A questo punto, però, occorre fare un passo in più, ovvero progettare le dashboard in modo che siano sia utili allo scopo, quindi fornire report mirati di facile e veloce comprensione per trarre conclusioni. Anche qui può essere utile avere un riferimento di una o più possibili composizioni di dashboard con i vari elementi per rappresentare i nostri kpi:
Una volta fornito questo esempio, procedo con i partecipanti al workshop facendogli abbozzare su carta, possibilmente su fogli A3, delle dashboard che rispondano alla visualizzazione dei dati in base al proprio canva realizzato.
Consiglio questo metodo anche all’interno di team con varie competenze e ruoli in modo di unire in maniera sia panoramica che focalizzata, aspetti diversi del business: dal marketing alla vendita, dai motori di ricerca ai social…
In questo modo le persone veicolano la loro creatività in funzione di uno scopo, quello di rendere facilmente accessibili e comprensibili dei dati. Si creano delle dashboard su mi misura che vanno a centrare l’esatta rappresentazione della situazione desiderata e avere dati con valori che possono essere attesi o meno, rispetto alle aspettative iniziali.
L’obiettivo è quello di arrivare a creare una data visualization in maniera collaborativa, che permetta una lettura senza necessitare di competenze avanzate.
Dashboard creative
Perché non sfruttare immagini a tema dell’argomento in oggetto, con richiami del prodotto o servizio, icone, loghi, ecc.?
Suggerisco inoltre di utilizzare e richiamare la linea grafica della corporate identity, con font e colori: mi è capitato, infatti, che due grafiche mi chiedessero di impostare un determinato colore pantone, il font da manuale e anche il layout ufficiale utilizzato come modello in tutte le presentazioni di powerpoint, e… lo abbiamo fatto!
Le intuizioni
L’ultimo passaggio è quello che viene chiamato gli “insight”, ovvero le intuizioni che possiamo avere sia come singoli sia tramite un lavoro collettivo.
Anche quest’ultima parte non deve essere una forzatura ma un processo e un affiancamento per allenarsi ad interpretare i dati al fine di sfruttare o migliorare una situazione.
Ricordiamoci che tutto questo lo facciamo per una questione di performance, sia essa in termini di vendite, di fatturato o di awareness: dobbiamo sfruttare i dati e misurare le tattiche in atto, le micro conversioni, le conversioni finali, i touchpoint, il tutto nel modo meno faticoso possibile.
Autore: William Sbarbaglia
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