I dati presentano due tipologie di limiti: la prima è legata all’affidabilità dei dati online. L’altra, invece, al dato puro.
i limiti dei dati digitali
Sicuramente saprai che i dati online sono dipendenti dai cookie: ogni volta che osserviamo genere, età e comportamento generale non parliamo direttamente di utenti, parliamo di cookie che gli utenti lasciano sui siti e su cui facciamo analisi. Ormai è diventato uno standard approssimare il comportamento di un cookie al comportamento degli utenti, tuttavia è chiaro che la proporzione non è perfetta, per diverse ragioni.
- La prima è che le persone possono cancellare i cookie, quindi avremmo una visione perfetta solo se tutti gli utenti facessero il login per accedere al sito.
- La seconda ragione è legata all’esistenza dei BOT che sporcano i dati. I BOT sono dei piccoli robot che scannerizzano i contenuti online, sia le campagne che i siti web. Diversi studi hanno confermato che il 60% del traffico online è rappresentato da BOT e quindi da macchine che scannerizzano i siti e riproducono i movimenti degli utenti. BOT, spam e tutto il traffico non umano, sono loro a incasinare il tuo Google Analytics riempiendolo di ghost referral, ma soprattutto sono loro a mangiarsi il 60% dell’investimento delle vostre campagne a CPM o CPV.
- La terza ragione è che ogni persona ha più di due device; di solito, tutti noi possediamo un PC e un telefono, e in questo caso avremo un cookie diverso per ogni dispositivo. Sul lato advertising, dunque, diventa sempre più difficile creare investimenti e strategie per la brand awareness sul digitale. Su Facebook, AdWords e YouTube, insomma nell’advertising in generale, le campagne per aumentare la visibilità del brand (impostate con impression) sono spesso inefficaci. Ricordi la celebre frase del padre fondatore della pubblicità? «la metà dell’investimento pubblicitario è buttata via, il problema è che non si sa quale metà!». Con la pubblicità online la situazione sembrava cambiata, ma per la tipologia delle campagne a CPM la faccenda sembra addirittura peggiorata passando da “una metà” al 60%. Inoltre, parliamo di una percentuale di frode del 2,8% sul totale degli investimenti.
Allo stato attuale, molti strumenti, come Google Analytics, non riescono ancora a ragionare in termini di cross-device, mentre noi utenti quando navighiamo utilizziamo anche due o tre device contemporaneamente, il cellulare per consultare e il computer o il tablet per convertire. Nei prossimi anni questo tema acquisterà sempre più importanza, e faremo dei progressi. speriamo che google signals dia una mano.
i limiti dei dati in generale
Quando parliamo di dati in generale, invece, va chiarito che i dati sono un ottimo strumento per risolvere problemi con cognizione di causa. Ma i dati rappresentano solo uno strumento e non sono una sfera di cristallo; la loro efficacia dipende da come noi li utilizziamo.
Possiamo, ad esempio, analizzare un calo del traffico della SEO ed estrapolare tutti i dati possibili, ma se non dimentichiamo di valutare l’ingresso di un nuovo competitor, i nostri dati non ci diranno la verità. Lo stesso succede quando abbiamo un’idea e cerchiamo dati a suo sostegno. Per questo motivo spesso si dice che cerchiamo dati che supportino le nostre intuizioni.
Il rischio nell’uso dei dati è legato al fatto che, durante le analisi, se pensiamo solo in termini di numeri, scordiamo che dietro ai numeri ci sono delle persone. Quindi il limite più grosso è quello di perdere di vista la chiave di lettura.
Per questi motivi, un progetto incentrato unicamente sui dati che si allineano ai risultati previsti porta scarsi risultati. Solo il 27% dei progetti risulta vincente.
L’unico modo per evitare errori sbagli inutili e non perdere di vista le persone è quello di sviluppare l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni degli altri e pensare come loro. L’empatia è una delle facoltà principali per sviluppare la famosa intelligenza emotiva di Goleman. per capire di cosa si tratta ecco un bellissimo video al riguardo
Questo tipo di competenza è sicuramente richiesta nelle analisi qualitative come user testing, focus group e così via, ma è solo la punta dell’iceberg. Sotto, c’è tutto un nuovo modo di pensare.
Il super potere dell’empatia per diventare migliori analisti
L’empatia è ormai un fattore di successo altamente riconosciuto e anche nel marketing non può che essere così, vediamo insieme come:
- nelle ricerche e nelle negoziazioni l’empatia permette alle persone di capire le motivazioni degli altri, comprendendo quello a cui danno più e meno importanza. Questo permette di avere una conoscenza preziosissima. Da analista per trovare i problemi dico sempre di mettersi nei panni dell’utente e cercare di capire cosa potrebbe dargli noia e poi tradurre quel problema in una dimensione di google analytcs.
- durante le riunioni, entrare in empatia con gli altri permette di raggiungere risultati di valore per tutti
- lavorare in gruppo in maniera efficace vuol dire che esiste una capacità collettiva di non generare conflitti, ma al contrario, esiste la capacità di discutere nuove idee, permettendosi di essere “vulnerabili” l’uno con l’altro e di comunicare in modo biunivoco. Il gioco in questo enfatizza molto la riuscita.
È quindi di vitale importanza avvicinarsi agli altri, comprendere le loro necessità e i loro bisogni per poterne ricavare informazioni.
l’arrivo del data humanism
Per approfondire l’argomento ti suggerisco di guardare un bellissimo video di Giorgia Lupi, che introduce il concetto di data humanism. Giorgia Lupi utilizza la visualizzazione dei dati per renderli più comprensibili e più umani, aiutandoci quindi a comprenderne meglio il senso. Questo termine mi è piaciuto tantissimo perché suggerisce un approccio meno tecnico e più umano. È il passaggio che ci permette di conciliare i dati con il loro aspetto a noi più vicino: le persone. (c’è anche un super libro)
Secondo Ken Robinson, che ci insegna come cambiare i paradigmi dell’educazione, formiamo i nostri studenti solo dal bacino in su, concentrandoci principalmente sul cervello. L’intelligenza è valutata sulle doti accademiche, sulla minore o maggiore conoscenza degli argomenti di studio, un po’ con il vecchio QI, test ormai limitato per giudicare le capacità intellettive delle persone.
Per affrontare l’incertezza, invece, abbiamo bisogno di ripensare la nostra idea di intelligenza: non pensiamo solo in modo logico, ma attraverso visualizzazioni, movimenti, in modo astratto, e così via. Quindi la nostra intelligenza è multipla e dinamica. Se l’intelligenza è la capacità di fare collegamenti tra le cose, abbiamo bisogno di espandere il nostro pensiero al di là delle nozioni scolastiche. Il successo, nel futuro, sarà legato alla nostra capacità di ripensare la ricchezza delle nostre capacità.
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