Small Data: Cosa sono, come Raccoglierli e come Analizzarli

small data
Piccole donne – Greta Gerwig

Negli ultimi anni I Big Data hanno sicuramente avuto un ruolo più che importante nella digital transformation. Tuttavia, per raggiungere risultati sempre migliori la sola tecnologia, per quanto avanzata, non basta, per ottenere performance ottimali la componente umana è fondamentale. Questo perché essi non aiutano a stimolare emozioni, si analizzano solamente le azioni dei consumatori attuali o potenziali, ma non ci si interroga sul perché di quel comportamento, possono solo darci indizi o ipotesi, ma la vera investigazione deve essere fatta entrando in relazione diretta col nostro target.

Ecco perché la domanda più in voga in questi anni è stata: esistono solo questi tipi di dati? La risposta è no.

Perchè gli Small Data saranno la rivoluzione

Che ci piaccia o no, la mission principale di un brand è quella di colmare le lacune delle identità presenti nella società. Infatti i brand che ci piacciono e che acquistiamo, dalla musica delle nostre playlist ai quadri appesi alle pareti, hanno moltissimo da dire sul nostro conto.

Per questa ragione le strategie di marketing devono essere mirate alle persone, e non a target geo-demografici astratti, e se le aziende vogliono seguire questa ambizione i Big Data offrono soluzioni preziose ma incomplete, ed il processo più illuminante passa per quello combinato con gli Small Data, acquisendo così la capacità di andare a scovare informazioni sui comportamenti inconsci delle persone durante la loro customer journey.

Big data vs small data, il dibattito e differenza

 durante il Festival di Cannes 2015 in un dibattito tra Tom Adamski, Ad di Razorfish Global, e Will Sansom, direttore dei contenuti e della strategia in Contagious Communications, i due si sono spinti ad affermare che i media digitali e i Big Data hanno contribuito a un calo globale della fidelizzazione dei brand, proprio perché i brand hanno smesso di trattare gli individui come “persone” ma li hanno trasformati esclusivamente in “potenziali clienti”, togliendo al brand quel lato umano determinante per il successo.

Secondo la ricerca BCG sul data-driven marketing, le aziende che usano tecnologie data-driven migliorano le performance aziendali del 20%, mentre quando tali strategie sono supportate anche dal capitale umano, le performance possono migliorare di un 15% aggiuntivo.

Come sostenuto da Lindstrom, qualcuno una volta disse che se vogliamo capire come vivono gli animali non dobbiamo andare allo zoo, ma nella giungla.

L’idea centrale di questo argomento è che il valore generato dai dati dipende, nella maggior parte dei casi, non dalla quantità dei dati a disposizione ma dalla natura degli stessi, come sostenuto anche dall’economista americano Pollock: “la quantità di dati in possesso non importa, l’unico aspetto decisivo che può aiutarci nel risolvere i nostri problemi o interrogativi è capire la domanda che ci dobbiamo porre”. Questo è proprio il compito degli Small Data.

Teoria sostenuta anche da Stefaan Verhulst, Chief of Research alla Markle Foundation, che argomenta con “più dati non portano obbligatoriamente a più conoscenza, ma possono portare perfino a creare più confusione.”

Ecco perché spesso gli Small Data vengono addirittura spesso preferiti ai Big Data, dato che poche informazioni di alta qualità con un focus più intenso su un’audience ben definita sono preferibili a un ampissimo dataset di scarso valore. Spesso infatti con questa strategia si arriva alla conclusione e si risolve il quesito predeterminato in modo più veloce, meno oneroso e con maggiore approfondimento riguardo il caso d’interesse ed alla consapevolezza del rapporto causa-effetto esistente. Oltre a questo aspetto si aggiunge il risparmio in costi di acquisizione, raccolta, analisi e di rispetto della privacy altrui.

Come anche sostenuto dalla ricerca BCG sul data driven marketing, secondo cui per una misurazione strategica efficace conoscere il proprio cliente non basta. «I professionisti del marketing che utilizzano informazioni approfondite possono identificare il valore di ogni touchpoint con i consumatori nel percorso di acquisto al fine di integrare i KPI e collegare i coinvolgimenti a risultati aziendali come vendite e impatto sul profitto. È infatti imprescindibile sapere cosa pensano i propri clienti, in che punto del percorso di acquisto si trovano e perché comprano i prodotti a cui sono interessati», per esprimere un concetto della ricerca, riportato da Think with Google.

Per quanto i Big Data riescano a collegare milioni di informazioni per individuare correlazioni, la loro efficacia è compromessa e dipendente da un unico aspetto preponderante, l’essere umano. – Lindstrom

Cosa sono e come usare gli small data: la definizione

Per raccogliere gli “small data” viene usata una strategia che viene definita anche come Subtext Research o “Ricerca di messaggi impliciti”: rappresenta un processo che richiede di visitare i consumatori nelle loro case in tutto il mondo, raccogliere Small Data come indizi, osservazioni e idee sia online sia offline, ed elaborare i dati raccolti attraverso uno Small Data Mining, metodo di cui parleremo più avanti, grazie a cui si riesce ad imbattersi in desideri irrealizzati o non riconosciuti che permettono di gettare le basi per un nuovo brand, un’innovazione di prodotto o di business.

Per riuscire a realizzare questa strategia al meglio bisogna essere un po’ psicologo, un po’ detective, un po’ marketer, ed ecco che la nostra curiosità abbinata alle nostre competenze ci condurranno verso nuove scoperte molto interessanti. Magari concentrandosi su contrasti tra la vita quotidiana delle persone e i loro desideri inespressi o insoddisfatti, col fine di smascherare, anche grazie all’istinto, la più fumosa e astratta delle idee: il desiderio.

Quella relativa agli Small Data, viene indicata da molti esperti come vera fonte di informazioni utili, grazie alla verosimiglianza e aderenza a modelli reali, ma come vedremo più avanti potrebbe essere un modello combinato tra i due a rivelarsi la vera strategia customer center capace di stimolare alla creazione di un rapporto di fedeltà tra il brand ed i suoi fan, in tutte le fasi della customer journey.

informazioni fondamentali da studiare 

E nonostante esistano sette miliardi di persone che vivono sulla Terra, secondo il famosissimo marketer americano esistono soltanto 50-100 tipologie di persona, classificabili secondo 4 criteri :

  1. Clima: si riferisce al modo in cui l’ambiente circostante riflette e influenza il comportamento e la dieta. Chi nasce in Scandinavia, per esempio, preferisce alimenti nutrienti e ricchi di grassi, mentre la dieta mediterranea è più leggera e basata sull’olio.
  2. Governo: in base alle forze politiche che sono al comando, quanti sono i cittadini realmente liberi di un paese?
  3. Religione: i valori in cui una persona crede influenzano i suoi processi decisionali.
  4. Tradizione: riguarda i protocolli impliciti che vigono in ogni paese, dall’abitudine europea di ignorarsi l’un l’altro in ascensore alla predilezione americana per l’espansività.

A partire da questo presupposto, è possibile diminuire notevolmente il ‘bias di campionamento’ se il campione è ben selezionato. Intervistare cinquanta persone è spesso più che sufficiente che analizzarne cinquanta milioni, ma deve essere fatto in modo strategicamente adeguato.

tecniche di raccolta degli small data

Small Data che vengono raccolti ascoltando direttamente i propri consumatori attraverso, per esempio, interviste individuali o strategie di ascolto passivo, che portino ad analisi quasi psicologiche dei comportamenti, considerando anche gli indizi emozionali, e sulla base delle osservazioni si cerca di trarre le dovute conseguenze per la pianificazione del business.

  1. user testing
  2. interviste
  3. osservazioni sul campo

il modello delle 7C di Lindstrom

Vediamo di cosa si tratta: L’obiettivo è quello di identificare un desiderio inappagato in modo di svelare una lacuna che potrà essere colmata da un nuovo prodotto o dal miglioramento di un brand esistente. Infatti ogni cultura del mondo è equilibrata, ed in quella esagerazione si nasconde il desiderio che vogliamo scovare. 

Ciò avviene tramite la Subtext Research che ci aiuta a identificare gli Small Data che, a loro volta, ci conducono alla creazione di un concetto, passando per lo Small Mining.

Vediamo in quali fasi si compone questo processo: 

1.raccolta

Tutti noi siamo condizionati dal concetto della ‘familiarità’: ci circondiamo di persone simili a noi e con i nostri pensieri, le notizie sulle nostre pagine dei social network riflettono i nostri interessi, convinzioni, preoccupazioni e pregiudizi, etc. Il primo passo, dunque, deve essere quello di fare tutto il possibile per rimuovere il filtro che ci impedisce di accorgerci di cosa succede realmente, ovvero si deve raccogliere prospettive da più punti di vista, da diversi osservatori culturali.

Serve raccogliere più informazioni possibili e più variegate possibile vivendo la vita di tutti i giorni e avendo a che fare con tutti i tipi di persone possibili di quel determinato paese o segmento di mercato di cui siamo interessati, oppure prendendo in considerazione utenti passati presenti e potenziali del brand di riferimento.

Dobbiamo avere in possesso un mucchio di dati confusionario, il quale ci aiuterà a formulare delle prime ipotesi o argomenti di interesse, prima ancora di ‘entrare in casa dei consumatori’ per intervistarli o per porre questionari. Come investigatori, tutto ciò che potremmo sentire o vedere potrebbe rivelarsi decisivo. Probabilmente tutte queste ipotesi verranno smentite, ma rappresentano la prima tappa per essere condotti a quelle migliori.

2. la ricerca delle cose non dette

In questa fase Lindstrom ricorre ad una distinzione particolare tra “sé idealizzato” che proiettiamo sul mondo ed il “sé reale”, per identificare al meglio il consumatore medio. Infatti il modo in cui vorremmo che gli altri ci vedessero è molto diverso da ciò che siamo realmente, ed è molto simile ai nostri account Facebook ed Instagram, oltre a ciò che collezioniamo ed esponiamo in casa, che esprime la nostra reale personalità ed i desideri che abbiamo intrinsechi. Al contrario ciò che siamo realmente non è messo in pubblico, ma dev’essere scovato. Come? In tutti i luoghi che riteniamo essere privati, come per esempio la playlist musicali, le ricerche sul nostro computer, il nostro guardaroba, i frigoriferi o i pensili della cucina.

Solo attraverso questo confronto possiamo arrivare a capire qual è il ricordo più evocativo nella mente delle persone, quali sono le sue emozioni più intense, al fine di rispondere a due precise domande:

  • “Qual è la cosa più importante della tua vita?”
  • “Cosa ti preoccupa di più?”

3. valutazione del database

Ora avremo davanti a noi una serie di Small Data dispersivi, ma ci sono punti in comune tra gli indizi raccolti? Troviamo conferma delle nostre ipotesi preliminari? Dobbiamo rispondere a queste domande.  Dobbiamo cercare degli indizi tra le risposte degli intervistati, dev’esserci ‘troppo’ di qualcosa o ‘troppo poco’ di qualcosa su cui indagare a fondo. 

4.small data mining

E’ giunto il momento di avviare il processo dello Small Data Mining: “quale emozione può evocare il nostro brand o l’oggetto di interesse nell’essere umano?”. E’ essenziale metterci nei panni degli intervistati, considerando tutti i loro sogni e le loro paure.

5.il punto di ingresso

L’obiettivo è uno: trovare il “punto d’ingresso”.  Cosa rappresenta? Una tappa cruciale della vita di una persona o della sua carriera, un momento in cui la sua vita sua vita è stata stravolta da un episodio, cambiando il suo modo di essere e la propria essenza emotiva.   Incentrare le proprie strategie su questi tipi di leve potrebbe infatti rivelarsi un’idea più che vincente, perché aumenterebbe non di poco il legame tra brand e consumatore.

6.il desiderio inespresso

Dopo aver trovato le prove di uno slittamento serve analizzare l’essenza emotiva più profonda: il desiderio. Qual è il desiderio che resta irrealizzato? Qual è il modo migliore per realizzarlo? Per esempio nel caso Lego consisteva nel dimostrare di essere qualcuno, avere la prova tangibile di essere bravi nel fare qualcosa ed esser riusciti a realizzare un’impresa distinguendosi dalla massa. Dopo averlo identificato bisogna chiedersi: è in linea con le osservazioni sulle realtà locali e gli indizi sugli utenti target che abbiamo raccolto?

7. l’idea

Prendiamo tutti gli appunti e riflettiamoci su: qual è la grande idea in grado di appagare il desiderio nascosto individuato nei consumatori? Questi argomenti hanno lasciato molto stupore nel mondo del marketing moderno, perché hanno riportato alla luce un tema di vitale importanza per le aziende di qualsiasi periodo storico: le persone.

Infatti, in una realtà come quella dei giorni nostri in cui vediamo un continuo lancio di strumenti capaci di risolvere qualsiasi problema economico, Martin Lindstrom ricorda come le nostre emozioni, paure e desideri sono difficilmente interpretabili da uno degli infiniti algoritmi presenti, ma necessitano dell’intervento umano, delle sue competenze e del suo istinto. 

Il potere dei big data da solo è limitato e uno spazio importante nelle ricerche di mercato dovrebbe essere lasciato anche all’intuizione, alla curiosità e alla capacità di osservazione, e proprio il ‘matrimonio’ tra big data e small data può diventare l’ingrediente indispensabile per la sopravvivenza e il successo del marketing nel ventunesimo secolo.

Ecco che la soluzione non sembra più essere rispondere alla classica domanda “uomo o macchina”, ma ci spostiamo verso strategie in grado di combinare entrambi gli aspetti. Proviamo ad approfondire questa importante intuizione.

In conclusione il valore generato deriva dai dati, ma i dati non generano valore autonomamente ma serve qualcuno che decida quali dati raccogliere, come metterli in relazione e come interrogarli.? Il successo di un insight non dipende dalla quantità ma dall’efficacia dell’analisi dei dati a disposizione

 

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