Lo storytelling per accrescere il valore del tuo prodotto
Livia ha gli occhi vivaci, sembra non riesca a stare ferma sulla sedia nell’attesa che il giornalista incominci l’intervista. Ha poco di più di ottanta anni e si trova sotto i riflettori del programma tv “70 anni dal nazismo: per non dimenticare”, non per caso. Si trova lì per parlare della sua associazione in difesa dei diritti umani. La sua è una storia di dolore e salvezza allo stesso tempo: di tutta la sua famiglia è stata l’unica a salvarsi dalla deportazione. Ciò che più incuriosisce di tutto il suo personaggio è l’oggetto che stringe tra le mani: una palla di pezza dai colori sbiaditi.
Sembra che siano un tutt’uno Livia e quell’oggetto. E quando il giornalista le chiede con tono gentile che significato ha per lei, con voce piena di dolore gli risponde: “Era un regalo che mi aveva fatto la mia mamma durante la guerra con l’intento, credo, di farmi pesare meno tutto quell’ inferno che vivevamo ogni giorno. Purtroppo riuscii a salvarmi solo io. Dei miei familiari non ha fatto più ritorno nessuno. Quella palla è stata la mia unica certezza in quel momento. Mi ha accompagnata dal viaggio della disperazione a quello della salvezza”.
Il giornalista spiega poi che quella palla di pezza avrebbe potuto essere acquistata online al prezzo di 50 euro e che il ricavato sarebbe stato devoluto all’associazione fondata da Livia in difesa dei diritti umani per tutti i perseguitati di ieri e di oggi.
Nella realtà Livia non esiste e neppure la palla di pezza. Si tratta di un semplice esercizio di storytelling, un esempio di come una narrazione possa accrescere il valore e il costo di un oggetto di per sé insignificante, in questo caso di una palla di pezza, del 100%.
L’esperimento e la ricerca
E’ la stessa ipotesi da cui sono partiti due ricercatori, Rob Walker e Joshua Glenn per il loro esperimento socio-antropologico Significantobjects, volto a dimostrare il potere delle storie:qualsiasi oggetto ordinario con una storia significativa alle spalle aumenta il proprio valore oggettivo. I due ricercatori hanno acquistato diversi oggetti da rigattieri e privati a prezzi bassissimi. Il passo successivo è stato quello di incaricare alcuni scrittori a scrivere delle storie su questi oggetti e poi li hanno rivenduti su ebay. La loro spesa iniziale è stata di 128,74 dollari, il ricavato delle vendite 3612,51 dollari. Ogni storia ha aumentato il valore dell’oggetto di circa il 2700%. (tratto da “Comunicare come Steve Jobs e i migliori oratori degli eventi TED” di Carmine Gallo, Vallardi Editore)
E le persone perché sono disposte a pagare cifre esorbitanti per oggetti “umili”?
Perché nella storia di quegli oggetti si riconoscono, trovano un po’ di sé e della loro lotta quotidiana, o della lotta che da generazioni le loro famiglie sono costrette a vivere. E sempre in quegli oggetti e nelle loro storie trovano una soluzione.
Questo è in sintesi lo scopo dello storytelling.
Cosa significa fare storytelling?
Lo storytelling, termine inglese formato da due parole story (storia) e telling (raccontare), può essere letteralmente tradotto come l’arte di raccontare una storia. Si tratta di una tecnica comunicativa capace di suscitare emozioni e al tempo stesso informare i potenziali clienti illustrando la storia del prodotto/azienda.
La narrazione è uno dei modi più importanti con cui persone di ogni cultura trasmettono informazioni. Nell’atto del narrare si condividono significati e si dà senso all’esperienza, è attraverso la narrazione che un individuo costruisce la sua identità e racconta agli altri di sé, dunque, anche un’azienda che desidera costruire e comunicare la propria corporate identity dovrebbe avvalersi dell’utilizzo di formule narrative.
Lo schema narrativo dello storytelling
Ritorniamo alla storia di Livia…Perché risulta credibile?
La protagonista del racconto ha credibilità agli occhi del lettore in quanto perseguitata dai nazisti e ciò le conferisce autorevolezza. Chi più di lei può raccontarci quel periodo e farcelo rivivere?
La modalità dell’intervista in un programma dedicato alla “Giornata della Memoria” si adatta perfettamente al medium utilizzato, ovvero la televisione e veicola perfettamente il racconto.
Il racconto di Livia è ricco di valori e significati: il suo dolore, la passione in cui la protagonista è stata capace di trasformarlo, l’oggetto simbolo di quel conflitto ma anche della sua soluzione, fanno sì che il lettore riesca ad identificarsi, ad entrare nella narrazione e a farla propria.
In sintesi, ecco un esempio di come ethos, logos e pathos, presi in prestito dall’arte della persuasione di Aristotele sono applicati allo storytelling.
Ethos: il protagonista della narrazione deve essere credibile e il lettore deve riconoscergli autorevolezza.
Logos: medium e narrazione devono fondersi e adattarsi l’uno l’altro
Pathos: la narrazione deve essere ricca di passione o mettere alla luce conflitti, deve consentire al lettore di identificarsi fino a diventarne parte.
Sono tutti elementi che riconosciamo nello storytelling. Lo schema canonico narrativo si fonda appunto su questi elementi principali:
- Impresa
- Conflitto
- Trauma
- Oppositore
- Oggetti
- Ricchezza
- Fine
Si tratta di uno schema narrativo ben preciso: ovvero un plot in cui il protagonista ha un’impresa da realizzare, per realizzarla deve superare e risolvere un conflitto. Si tratta di narrazioni cariche di pathos, che presentano un trauma da sanare o un grave problema da risolvere. Il protagonista ha un antagonista contro cui deve lottare. Durante la sua impresa ha sempre degli oggetti, anche simbolici, grazie ai quali riesce a salvarsi; al compimento dell’impresa lo attende una ricchezza, una ricompensa.
È chiaro quindi che quando un’azienda ha intenzione di raccontarsi, la sua narrazione parte in primo luogo dalla conoscenza dei suoi interlocutori.
Nel passaggio dalle campagne di comunicazione a quelle di narrazione non ci si rivolge più al target (considerato molto più generico) ma i brand si rivolgono a segmenti di target, quindi un pubblico più ristretto, di cui vanno ad estrapolare i fabbisogni primari e fanno leva su di essi, mettendone in luce conflitti, per facilitare il processo di identificazione.
Solo dopo quest’analisi iniziale, da cui nessun storytelling può prescindere, l’azienda è pronta ad organizzare la sua narrazione, definire la sua core story (plot e conflitto), scegliere infine i media. Ancora una volta abbiamo ethos (autorevolezza dell’azienda), pathos (narrazione che si basa su quelle che sono le passioni, i traumi e i conflitti dei propri interlocutori/lettori), logos, la scelta dei media.
Concludo con le parole di Peter Guber, autore del libro Tell to Win: “Che vogliate motivare i vostri responsabili, persuadere gli azionisti, influenzare i media, incuriosire i consumatori (…) dovete lanciare un appello che attiri l’attenzione dei vostri ascoltatori, li sensibilizzi sui vostri obiettivi e li induca ad agire a vostro favore. Dovete toccare le loro menti e i loro cuori e le storie servono proprio a questo.” Peter Guber, Tell to Win, Profile Books Ltd 2012.
Come si realizza lo storytelling aziendale?
- Identificare il giusto contesto narrativo, che sia efficace e coinvolgente, acquista una valenza strategica per l’azienda che intende migliorare il rapporto con il proprio pubblico.
- La metodologia comunicativa suggerita dalla rete è vicina all’oralità delle comunità antiche, resta invariata la voglia di legame, per questo motivo bisogna raccontare una storia che riesca a coinvolgere il proprio target. Per produrre una comunicazione che non veicoli solo messaggi informativi, ma che sia in grado di creare connessioni, l’azienda ha a disposizione uno strumento: lo storytelling.
- Fare storytelling significa stabilire un legame con la propria audience, catturarne l’attenzione e l’interesse con messaggi eloquenti, non basta, quindi, divulgare informazioni commerciali, bisogna porre in evidenza la propria filosofia aziendale.
- Raccontare la storia della propria azienda, attraverso un messaggio coinciso e memorabile, permette di distinguersi dalla concorrenza e al tempo stesso di rendersi riconoscibili. Al contrario dei vecchi format pubblicitari, gli obiettivi dello storytelling non sono né la vendita né la persuasione, ma la condivisione della cultura aziendale e il coinvolgimento degli utenti.
- Progettare un messaggio di questo tipo implica la considerazione delle aspettative, delle percezioni e delle motivazioni dei diversi stakeholders. Non ci si confronta più con destinatari passivi di messaggi persuasivi e sterili, ma con interlocutori portatori di interesse e coinvolti attivamente.
- Un pubblico a cui si riconosce il potere decisionale, che viene interpellato direttamente e co-autore del racconto aziendale. Non più semplici consumatori ma, prosumer, individui che producono e consumano prodotti, servizi, esperienze e storie.
- In contesti di overload informativo, la narrazione di impresa diventa una strategia di management, ascoltare i propri clienti e stimolare la condivisone della propria storia, sono azioni che aiutano a formulare un racconto collettivo che permette di superare l’indifferenza degli spettatori verso i messaggi pubblicitari.
- Raccontare una storia in modo originale induce ad esplorare metodi divulgativi alternativi, integrando le funzioni di comunicazione e marketing, per sviluppare una core-story comunicabile al proprio target.
- Per ideare un messaggio pregno di personalità, unico ed inimitabile, si possono utilizzare strumenti capaci di esaltare il potere evocativo della narrazione come immagini di qualità, video interattivi, testimonianze e infografiche.
- Occorre poi stabilire il proprio stile narrativo, da articolare nei diversi canali mediatici, al fine di stimolare l’engagement degli utenti, generare conversazioni e far parlare di sé.
- Infine, un contenuto per diventare virale deve emozionare. Un contenuto emozionale ha una maggiore efficacia, se leggiamo una storia che suscita in noi sentimenti è molto probabile che, a nostra volta, la condivideremo con i nostri contatti.
- Fondamentale nel processo creativo è il rispetto del pubblico. Non bisogna perdere il senso della misura e raccontare storie non vere con il solo obiettivo di affascinare l’audience. Rimediare al danno d’immagine, in questi casi, richiede ingenti sforzi a scapito del prestigio acquisito.
- Per essere credibili è necessario essere trasparenti. La trasparenza rappresenta un valore aggiunto e un’opportunità per le aziende che decidono di mettere in atto procedure di disclosure, perché le persone premiano con le proprie scelte d’acquisto le aziende di cui si fidano.
VEDI ANCHE: i 10 storytelling che ci hanno fatto più emozionare