DI cosa parliamo quando parliamo di diversità nel marketing? dell’importanza delle differenze per poterci distinguere dai competitors e per darci una marcia in più. Iniziamo dalla base…
Differente = dal latino DIFFERENTEM participio presente di DIFFERRE (separare l’un dall’altro, allontanare, diversificare (verbo differire).
Sinonimo di diverso, vario, disuguale; col quale però non deve confondersi, perché la differenza suppone un confronto, che lo spirito fa per avere idee precise e non confondere le cose; la diversità suppone un cambiamento, del quale va in cerca il gusto per trovare novità che lo contenti e lo ecciti; la varietà suppone una pluralità di cose dissimili, atte a dissipare la noia della troppa uniformità e fra le quali spazia volentieri l’immaginazione; la disuguaglianza, insieme alla disparità è specie particolare della differenza facendo notare la prima differenza in quantità, la seconda in qualità o in numero.
Le differenze fanno parte della normalità, l’accezione negativa del termine ha con il tempo sempre meno rilevanza; ciò che non era diverso era inevitabilmente lo stereotipo: oggetto, di questi tempi, scomodo e difficile. Bando a discussioni filosofiche; mi sono soffermata ultimamente su diversi articoli legati all’in-uniformità del mercato, del mondo, della moda. Soprattutto però sull’insorgere sempre più comune dello “sfruttamento” (passatemi il termine) dell’immagine, dei valori e dei bisogni.
Il mercato e le sue aziende si trovano di fronte a target sempre più differenziati sotto il punto di vista prettamente “da marketing”. Fondamentalmente il risultato è un’unica medaglia con due lati opposti:
- La mancanza di stereotipi rende difficile la comunicazione e la pubblicità che dev’essere sempre più sottile e meno categorizzante.
- Lo “sfruttamento” delle diversità è la cosa più geniale e la fonte più ricca di ispirazione che ci possa essere al momento.
Ovviamente mi occuperò del secondo aspetto.
Imprese e organizzazioni per essere innovative hanno bisogno di seguire costantemente bisogni primari o quelli mai esistiti prima, legati ad una biodiversità sempre più ampia. Ecco che in questo caso troppi pregiudizi e stereotipi rischiano di danneggiare, immagine e azienda. Riuscendo a modificare radicalmente la percezione che abbiamo di un brand.
Tutti conosciamo il caso Barilla e tutti conosciamo il danno che ha subito l’immagine del brand a causa di una semplice affermazione. Non importeranno i chiarimenti successivi e tantomeno le scuse ufficiali. A chi mangia o non mangia pasta, è bastata una frase e Barilla sarà la marca anti-gay finchè tra qualche anno magari decideranno di creare una campagna spudoratamente gay friendly rischiando di cadere nel patetico. Findus ha colto la balla al balzo, forse anche troppo goffamente, ha deciso di alzarsi in piedi ed ergersi a marca paladina della comunità LGBT: tentativo riuscito. Magari aspettare un po’ di tempo e non dare l’impressione di non aver desiderato altro che un’occasione del genere, sarebbe stato meglio.
-Aziende come IKEA mirano alla standardizzazione e allo stesso tempo alla continua personalizzazione degli ambienti in cui viviamo; allo stesso modo hanno sempre trattato come vantaggio competitivo la diversità (nei generi, negli orientamenti sessuali, religiosi, culturali, nell’età) soprattutto nel nucleo familiare. Qualsiasi prodotto va bene per tutti, anche per i disabili.
–Diesel per valorizzare la diversità ha realizzato la campagna S/S 2014 “We are connected” in cui compare per la prima volta in posa una ragazza in sedia a rotelle. Bellissima e in pieno stile Formichetti, Jillian Mercado guarda in camera rompendo ogni tabù. Che sia stata strumentale o meno una pubblicità del genere non può che portare i riflettori sul brand e soprattutto abbattendo gli schemi.
–Desigual ha invece puntato su Winnie Harlow, modella mozzafiato con la vitiligine la quale posa con diversi a pois, sottolineando maggiormente le caratteristiche della sua pelle e sfidando gli stereotipi di bellezza…con successo.
La diversità non è un limite, nemmeno qualcosa con cui doversi esclusivamente confrontare; è soprattutto una marcia in più che può essere il miglior vantaggio competitivo che possiamo avere tra le mani.
Ambra Cretì