Prima di essere pubblicato nel 2006, la Teoria della coda lunga di Anderson, esce come articolo nel ottobre del 2004 su Wired, diventando ben presto l’articolo più citato mai pubblicato dalla rivista. La risonanza di questa teoria viene raccolta nel blog “thelongtail.com’’, dove il contributo dei commenti e dell’esperienza degli utenti diventerà materiale utile per la realizzazione del libro.
Per spiegare cosa sia la teoria della coda lunga è essenziale valutare il contesto in cui si inserisce. Essa infatti è legata a due concetti: L’economia dell’abbondanza e la nuova efficienza nella distribuzione, produzione e marketing dell’era digitale.
Nel nuovo panorama segnato da entrambi i fenomeni si riscontra una frattura rispetto alla consuetudine del one-size-fits-all. Nell’economia del XX secolo, le strategie di marketing erano portate ad individuare ogni singolo prodotto che si adattasse al gusto di un’ampia fetta di consumatori. In breve, le industrie culturali aspiravano a produrre le hit, destinate per definizione al consumo di massa. Oggi il pubblico si sposta altrove: grazie ad internet e come conseguenza all’aumento della complessità sociale, le nicchie proliferano e crescono le alternative che detengono la nostra attenzione. La coda lunga spiega in termini economici questo spostamento di attenzione da parte dei consumatori, attraverso un grafico che integra le vendite delle hit con quelle dei prodotti di nicchia.
Da un punto di vista tecnico, nella parte sinistra del diagramma, la testa, compaiono le vendite associate alle hit; nella parte destra, la coda, vengono associate ai prodotti musicali di nicchia. La caratteristica fondamentale del grafico è che la coda si estende virtualmente all’infinito, arrivando a generare una mole di vendite complessive per nulla trascurabile. La coda lunga altro non è che una parte d’una distribuzione statistica, quella parte della distribuzione associata a una frequenza più bassa. Se analizziamo la parte destra della curva di domanda invece di concentrarci sulla ‘testa’ (com’è stato fatto per tutto il secolo scorso seguendo la hit-culture) noteremo due cose:
- che essendo asintotica, la curva non raggiunge mai lo zero.
- esiste una miriade di non-hit che singolarmente sarebbero trascurabili, ma la somma delle loro vendite diventa invece significante.
Ma passiamo ad un po di storia, da dove viene l’intuizione a Anderson per la creazione di questa teoria? Nel 1897 Vilfredo Pareto scopriva come in Inghilterra la distribuzione della ricchezza fosse diseguale: circa il 20% della popolazione deteneva l’80% della ricchezza complessiva del paese. Questo tipo di distribuzione, chiamata in seguito anche distribuzione paretiana, power-law e, più tardi, regola 80/20, è stata applicata a quanto ci sia di più disparato: dalla statistica demografica ai processi industriali, finanche al rapporto tra i prodotti offerti e i ricavi di una singola impresa. Le distribuzioni power-law sono asintotiche, tendono a zero senza mai raggiungerlo: vuol dire che la curva continua all’infinito per questo è chiamata “curva a coda lunga”. Da qui deriva il nome della teoria. Si è dunque scoperto che, per molti eventi, circa l’80% degli effetti provengono dal 20% delle cause.
La grande potenzialità di questa teoria è che la domanda in realtà non s’interrompe, potrebbe continuare all’infinito in nicchie e sotto-nicchie; se alle persone è data una possibilità infinita di scegliere, queste lo faranno, sempre che esistano delle “guide” entro le quali muoversi, come ad esempio le tecniche di Retargeting di Amazon (Gli utenti che hanno comprato questo libro, hanno acquistato anche quest’altro.
Grazie al web 2.0 ci stiamo trasformando da consumatori passivi a produttori attivi e spesso lo facciamo solo per amore (il termine amatoriale la dice lunga). L’infinità di prodotti creata quotidianamente da un’infinità di individui fa allungare la coda verso destra, perché aumenta la varietà di prodotti disponibili. Il web, inoltre, permette un collegamento più diretto tra offerta e domanda e introduce nuovi prodotti ai consumatori, orientandone la domanda giù per la coda e aiutandoli a scoprire l’offerta. Quando cerchiamo un particolare prodotto su Internet, spesso lo troviamo più in fretta di quanto non immaginassimo. “Questo ha un potente effetto economico: ci incoraggia a continuare a cercare al di fuori del mondo a noi noto, e questa tendenza sposta la domanda verso le nicchie’’ (Anderson). Internet dà accesso quasi gratuito a chiunque voglia raggiungere milioni di potenziali clienti.
Ma passiamo alla Long Tail Keywords Research: investire su parole più specifiche permette di avere una lista di parole con meno Impression, ma più rilevanti ed ad un costo inferiore. Questo ha un impatto notevole sul vostro ROI. Le Long Tail Keywords hanno si un minor traffico di ricerca, ma portano anche più Conversioni e Time Engagement (il tempo di una sessione)
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Federica Brancale